Uno schema nel cervello è alla base dell’aumento dell’autostima: basta attivarlo per essere più sicuri di sé
Gli studiosi la chiamano Decoded Neurofeedback: si tratta di una tecnica grazie a cui i ricercatori dell’Istituto internazionale di ricerca in telecomunicazione di Kyoto e del Dipartimento di psicologia della UCLA sono riusciti a identificare la zona del cervello che regola il livello dell’autostima. Attraverso un esperimento è stato possibile “allenare” alcuni volontari ad attivare quella zona. Il risultato? A parità di prestazione, il cervello di molti di loro si è sentito man mano più sicuro.
L’esperimento ha visto 17 volontari sottoporsi a una risonanza magnetica per monitorare i cambiamenti nel livello di ossigenazione del cervello: gli scienziati hanno così scoperto uno schema preciso alla base della percezione della propria sicurezza, che può essere attivato (o disattivato) in base a determinati stimoli.
Ai partecipanti, ignari di tutto ciò, è stato chiesto di compiere una semplice azione per controllare il livello di autostima percepito: dovevano guardare alcuni punti e indicare se si stessero muovendo verso destra o verso sinistra. La difficoltà aumentava gradualmente, cosicché fosse più facile far sbagliare i partecipanti. È stato poi chiesto loro quanto si sentissero sicuri delle risposte date: ad ogni prova veniva loro corrisposto un piccolo premio in denaro di pochi centesimi. Più i partecipanti asserivano di sentirsi sicuri, più alto diventava il compenso: i livelli registrati dagli screening confermavano l’aumento della sicurezza di sé.
È stato notato che più la ricompensa saliva, più i partecipanti si dicevano sicuri delle loro risposte. I ricercatori hanno allora provato a invertire l’effetto: bassa sicurezza nelle risposte, alta ricompensa. Il meccanismo ha funzionato allo stesso modo, con i volontari che tendevano a sottostimare la propria capacità di dare la risposta giusta.
Loro però non se ne rendevano conto: tutto ciò avveniva quindi a parità di performance dei volontari. Il dottor Hakwan Lau, professore associato del Dipartimento di psicologia dell’UCLA, ha spiegato al Daily Mail: “La cosa fondamentale è che in questo studio la sicurezza di sé è stata misurata quantitativamente, in maniera psicofisica, assicurandoci che non fosse solo un effetto dovuto a un cambio d’umore o a un semplice calcolo. Tali cambiamenti di percezione della sicurezza sono avvenuti anche se la performance dei partecipanti è sempre stata la stessa”.
FONTE: Huffington Post