Musica- Faccia a faccia coi The Step: dall’incontro, allo show con Noel Gallagher, allo Zoo 105: “Mai sazi”

di Martina Salvatore

Torniamo a parlarvi dei The Step, band emergente della musica britannica ma del tutto italiana con il gruppo sanguigno anche cassinte, e per farlo abbiamo attinto direttamente alla fonte: li abbiamo incontrati.

CASSINO. La chitarra di Oliviero Fella (il musicista di Valvori, Vallerotonda, di cui avete già letto su Cassino Informa) si è prestata alla storica band dell’hinterland cassinate “Non siamo mica gli americani” che per più di due ore ha infuocato gli animi della gremita piazza di Vallerotonda, proponendo i più famosi successi del repertorio di Vasco Rossi.

E’ notte fonda quando ci ritagliamo un angolino nella ancora rumorosissima piazza, scegliamo una panchina e imbracciamo carta e penna per mettere a nudo i The Step.

Come vi siete conosciuti? E’ Oliviero a cominciare a raccontarsi: «Arrivo a Londra e dopo soli 5 giorni incontro Stefano, ero ad Abbey Road sento bussarmi sulla spalla ed era lui». Interviene Stefano Donato, autore dei testi e voce del duo: «Una sorta di colpo di fulmine, ho visto Olivero che con questo look non poteva non avere i miei stessi gusti musicali, la mia stessa passione». Continua Oliviero: «Ci siamo incontrati ad Abbey Road, era un segno del destino! Stefano mi ha parlato del suo progetto ed io pensato: vediamo se funziona… ed ha funzionato!».

L’enfasi con cui i due musicisti parlano trasuda sincerità e fatica, ma mai soddisfazione. Ansiosi di continuare a percorrere questa strada tortuosa nel mondo della musica rispondono alle nostre domande come un fiume in piena, inondandoci di informazioni.

Il vostro incontro è legato a doppio filo con il vostro background musicale, quanto conta ed in che misura ha influenzato la vostra produzione? «E’ fondamentale!»- è il coro. O.: «Senza questa così equilibrata comunione di interessi e passioni nulla sarebbe stato possibile. Abbiamo suonato con tantissime persone, ma suonare con qualcuno che si ispira a Ozzy Osbourne si è bello, ma rappresenta un conflitto di interessi improduttivo ai fini della nostra idea di produzione artistica». S.:«C’è una connessione spirituale talmente alta che a volte non c’è bisogno di parlarci. Appena mi viene un’idea si stappano bottiglie e si festeggia… spesso però le idee si perdono e dobbiamo aspettare qualche giorno, e con calma farle riaffiorare».

Ci rivolgiamo solo a Stefano, è lui che scrive i testi e spesso le melodie, ci facciamo raccontare come nasce una loro canzone: «Tutto germoglia da un mio viaggio interiore che riesco ad esteriorizzare in musica, racconto ciò che mi, e ci, succede, racconto quello che come band vogliamo dire e vogliamo trasmettere. Il processo creativo segue un percorso tutto suo: una canzone può nasce in 20 minuti o impiegare mesi per prendere forma». Interviene Oliviero: «Il nostro album nasce dal profondo desiderio di parlare di noi, della nostra visione musicale. Il tutto, parole e musica, si fonde insieme in modo spontaneo e naturale».

L’obiettivo targato The Step è quello di imporsi nel panorama musicale con una propria identità, dalla quale si evincano tutte le componenti culturali che hanno portato alla loro formazione. O.: «Non vogliamo essere gli Arctic Monkeys o gli Oasis, ci sono già! Noi vogliamo essere noi stessi, presentare la nostra musica fusion di Oasis, Baglioni, Battisti e Arctic Monkeys». S.:«Non ci piace emulare, scartiamo subito quei motivi troppo evocativi, vogliamo essere noi».

Stefano in tutta la sua tenera spontaneità si lascia andare ad un commento: «Sono davvero felice di quello che con le mie forze ho prodotto, dei passi avanti che, con Oliviero, ogni giorno si palesano». E con sguardo sognante continua «…se mi chiedi se sono nella mia nuvola rosa dei sogni ti rispondo che sì, sono nella mia nuvola rosa». Interviene Oliviero: «Se 10 anni fa mi avressi detto “Tu suonerai all’after show di Noel Gallagher” avrei risposto un sonoro “Seeee!” E invece ho incontrato il mio eroe, ho suonato per lui, ho suonato con lui. E’ un sogno…».

Parlateci di No War To Win, qual è la vostra guerra?
O.:«Arrivati a Londra tutto sembra magnifico ti senti circondato da tutto, eppure dopo un po’ ti rendi conto che Ristorante Pizzeria La Cortiglia - Vallerotondasei circondato da niente. Che il turbinio di persone che ti circonda non è altro che una massa di corpi in movimento i cui visi sono assenti. Una delle battaglie della nostra personalissima guerra è la ricerca di quell’autenticità che ci ha fatti incontrare ad Abbey Road». S.:«La nostra attività musicale è essa stessa la nostra guerra: Londra ti permette di sognare suonando ma non ti permette di guadagnare facendolo. L’esperienza che più di tutte ti mette alla prova è la campagna radio: ti senti davvero in lotta con i grandi, è il dj che decide le sorti del tuo pezzo è lui a decidere se la battaglia la vinci tu o Rihanna. Il viaggio musicale dei The Step è un investimento a 360°, economico ed emotivo. E’ una scalata su una parete impervia ricoperta di sapone ma quando arrivi alla sera, stanco e conscio che l’indomani la scalata ripartirà ti addormenti contento, ti addormenti sazio».

Stefano conclude spiegandoci la copertina del disco, metafora dell’eterna lotta che attraverso le loro canzoni vogliono raccontarci- Le due tigri albine che si fronteggiano rappresentano sia un gesto di tenerezza tra gli animali, ma anche la sfida costante a cui gli uomini si sottopongono quotidianamente».

Invece, la battaglia che non vorreste mai combattere qual è?
Dopo qualche istante di silenzio Stefano si lascia andare nuovamente alla spontaneità: «Io son attrezzato a tutto».

Con le vostre canzoni quale messaggio volete veicolare?

S.: «Human machine è un brano di denuncia contro l’alienazione che le persone vivono nella fretta che contraddistingue le grandi città, si è portati a credere che quello che appare gratis e facilmente fruibile non costi nulla, invece in un modo o nell’altro qualcuno ne paga il prezzo».

Artattoo Cassino

Ci avviciniamo alla conclusione e chiediamo a Stefano: com’è stato scrivere una canzone, “Connection”, con la collaborazione dei followers attraverso le loro pagine social? «Cercavamo una connessione con i nostri fan, in un momento in cui noi ci sentivamo totalmente disconnessi. Senza di loro nulla di questo sarebbe possibile, la canzone non esisterebbe senza il loro contributo… Era una situazione paradossale: gente da tutto il mondo aveva risposto alla nostra richiesta di condivisione e non riuscivamo a portare a termine l’obiettivo. Così ancora una volta ci siamo fermati, abbiamo respirato, messo tutto nero su bianco e d’improvviso come nel film “A beautiful mind” le parole anno preso vita, si sono illuminate sul foglio e come per magia è nata Connection».

Prima di lasciarci gli domandiamo com’è stato ricevere la notizia di essere stati scelti come colonna sonora del film dello Zoo di 105 e di una serie tv brasiliana. Le loro espressioni si illuminano. E insieme confessano la grande emozione che si prova, una sensazione inspiegabile a parole. Allo spontaneo scappa un «Minch*** sono contentezze! Ti rendi conto che non sei stupido, ti senti conto che hai scritto un pezzo azzeccatissimo per quel preciso istante nel progetto di altri artisti». Ecco il brano

Durante la nostra chiacchierata Stefano ed Oliviero non dicono mai cose come “ce l’abbiamo fatta” o “finalmente” ma si raccontano increduli, come se la loro vita fosse quella di altri due ragazzi immersi fino al collo in un faticosissimo e bellissimo sogno.

Ci salutano dicendoci che la loro strada è ancora lunga e tutta in salita.

La conclusione è affidata ad Oliviero: «Non smettiamo mai di porci nuovi obiettivi. Ora ci concentreremo sull’uscita del singolo di Human Machine in Italia nel Regno Unito e sul tour autunnale».

Ci separiamo dopo aver condiviso un po’ del nostro tempo e dopo aver conosciuto meglio i due ragazzi che come molti altri hanno lasciato casa per inseguire il sogno.

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