Libri – Amore e Letteratura: L’Evgenij Onegin

di Martina Salvatore 

Qualche giorno fa, il 6 giugno per l’esattezza, si è festeggiato il 219esimo anniversario della nascita di Aleksandr Sergeevič Puškin, considerato dai filologi il fondatore della lingua letteraria russa e le sue opere, nonostante siano passati due secoli dalla loro produzione, ancora oggi rappresentano un utilizzo della lingua ancora attuale e viva Egli rappresenta la massima espressione del romanticismo russo al quale numerosi autori e artisti si sono ispirati nel corso dei secoli.

Vogliamo parlarvi di un romanzo in versi, un’opera sconvolgente, struggente che scuote l’animo del lettore restandovi impresso per sempre: l’Evgenij Onegin.

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È la storia di un giovane dandy, annoiato dalla vita dell’alta società, credendo di aver provato ogni esperienza che la vita possa offrire si ritira a vivere in campagna crogiolandosi nello spleen di cui il suo spirito è afflitto. Tra i curiosi e provinciali nuovi vicini Evgenij fa la conoscenza un giovane poeta Vladimir Lenskij, innamorato della sua fidanzata Ol’ga: la sua musa ispiratrice. Ol’ga frivola e attenta solo alle apparenze, ha una sorella, Tatiana che le è diametralmente opposta, introversa e amante della letteratura. Tatiana si innamora di Onegin e pur contravvenendo alle norme di comportamento dell’epoca dichiara i suo sentimenti al giovane dandy, scrivendogli una lettera:

“Vi scrivo – che altro più? Che cosa posso dire ancora? Lo so, ora sta alla vostra volontà punirmi col disprezzo. Ma voi, se troverete almeno una briciola di pietà per il mio triste destino, non mi abbandonerete. Dapprima avrei voluto tacere: credetemi, non avreste mai conosciuto la mia vergogna, mai! Perché, perché mai siete venuto a trovarci? In questa campagna sperduta e dimenticata, io non vi avrei mai conosciuto, non avrei mai conosciuto l’amaro tormento. Avrei placato col tempo i turbamenti di un’anima inesperta, chissà, avrei trovato un compagno per il mio cuore, sarei divenuta una moglie fedele e una madre virtuosa… Un altro! No, a nessun altro al mondo avrei dato il mio cuore! È stato decretato nell’alto consiglio divino… è volontà del cielo: io son tua; tutta la mia vita è stata un pegno del fedele incontro con te. So che tu mi sei stato mandato da Dio, fino alla tomba tu sarai il mio angelo custode! Tu mi sei apparso nei sogni; prima ancora di vederti, tu mi eri caro; il tuo sguardo meraviglioso mi faceva languire; nell’anima mia risuonava la tua voce già da tempo… no, non è stato un sogno, questo! Appena tu sei entrato, ti riconobbi subito, rimasi come stupita, avvampai, e dissi nel mio pensiero: eccolo! Eccolo! Non è vero, forse? Io ti ascoltavo… non parlavi con me nel silenzio, quando io aiutavo un povero o alleviavo con una preghiera l’amarezza della mia anima turbata? E proprio in questo istante, cara visione, non sei tu apparso nella tenebra trasparente, non ti sei chinato al mio guanciale? Non mi hai tu mormorato parole di consolazione e d’amore, parole di speranza? Chi sei tu? Il mio angelo custode o un perfido tentatore? Dissipa i miei dubbi. Forse tutto questo è vano, è un inganno della mia anima inesperta! E il destino è del tutto diverso… Sia pure così! Ormai ti affido la mia sorte, piango davanti a te, imploro che tu mi protegga, t’imploro! Pensa; io sono qui sola, nessuno mi capisce la mia mente si perde, io devo morire in silenzio! Ti aspetto, ti aspetto! Con un solo sguardo fa’ vivere la speranza del cuore, oppure distruggi questo sogno grave col tuo rimprovero, ahimè, giusto! Ho finito! Ho il terrore di rileggere. Muoio di vergogna e di paura. Ma il suo onore m’è di difesa, e coraggiosamente ad esso mi affido. Ah, la notte è finita, tutto si sveglia… il sole si leva. La zampogna del pastore… Tutto è pace. Solo io… io…”.

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Racchiudere in poche righe la grandezza dell’Onegin è impossibile, volevamo solo introdursi ed incuriosirvi, sperando che questo piccolissimo assaggio sia talmente invitante da spingervi a scoprire quale sarà il destino dei due giovani.

Buon compleanno caro Puškin.

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