Calcio. Europei, la favola di Eder: dai 20 gol di Frosinone a portare l’Italia agli ottavi di finale
CASSINO. Forse è stata la convocazione più discussa dell’intera spedizione italiana agli europei di Francia 2016, quella di Éder Citadin Martins, conosciuto semplicemente come Eder. Un calciatore oriundo brasiliano reso convocabile grazie alla doppia cittadinanza e, soprattutto, grazie alla grande penuria di attaccanti del campionato italiano, con appena un gol da gennaio e dopo, però, una buona prima parte di stagione.
Ma il calcio è così: si passa dalle stalle alle stelle con un tiro dal limite in una partita bloccata, un tiro che ti permette di andare a giocare in pantofole l’ultima gara del girone di qualificazione alla fase a scontro diretto. O forse no, conoscendo Antonio Conte.
Fatto sta che per il brevilineo attaccante dell’Inter, passato per Frosinone, si tratta di una rivincita. Lui che arrivava in ciociaria per “farsi le ossa” ma più che ossa ha fatto tanti gol: 20 in un anno e mezzo che gli hanno puntato addosso i fari della Seria A, spalancandogli le sue porte. E dopo sette anni dall’addio ai giallazzurri, ecco prendersi solo l’azzurro tra le, seppur flebili, contestazioni dei tifosi italiani, alle prese con la Nazionale tecnicamente più scadente della storia ma con, forse, l’allenatore più preparato della storia.
Questo Eder è la vera scommessa di Antonio Conte che gli ha dato fiducia sia nell’esordio col Belgio che nella gara di ieri con la Svezia esponendosi alle critiche dei media. Nella prima tanto sacrificio per l’ex Frosinone che si dannava l’anima là davanti girando attorno a Pellè, sacrificandosi addirittura in contenimento ma 1 solo tiro verso la porta avversaria per lui: apprezzato più per l’impegno che per il costrutto.
Il match di ieri lo ha visto decisamente sottotono dove l’abnegazione non faceva il pari con una prestazione quanto meno scadente che aumentava i mugugni dei tifosi azzurri. E quando Zaza sembrava prendere proprio il suo posto, Conte cacciava il coniglio dal cilindro, anzi cacciava Pellè (anch’egli in ombra). Il tempo di sistemarsi la barba e lucidarsi il melone per l’ex Sassuolo, e proprio lui si arrampicava al di sopra delle alte vette svedesi, servendo un pallone ad Eder che, per l’occasione, sembrava tornato quello funambolico di inizio anno in blucerchiato: guizzo a superare i tutt’altro che veloci centrali scandinavi, palla sul secondo palo e ottavi serviti.
Ha ragione Eder, ha ragione Conte. “Vacci a mette na pezza mò”.